La costruzione di manufatti architettonici dal punto di vista storico, inizialmente proviene dal bisogno umano di proteggersi, e curare la prole come avviene negli animali, successivamente si abbina una funzione celebrativa e poi sociale. A differenza dal mondo animale, la paura verso potenziali predatori, da luogo alla costruzione di manufatti separativi dalla natura e dall’ambiente e non conformi, tranne che per la cultura giapponese (scintoismo) che invece inserisce un po’ l’elemento “conformità alla natura in modo armonico e non distruttivo”, anche l’architettura celebrativa ha un marcato elemento divisivo e distruttivo dell’ambiente naturale, (molto marcato nella cultura occidentale), vissuto come ostile e derivante da presunte volontà di dei antropomorfi, su cui viene proiettato un altro elemento tipico della specie umana, ovvero l’esistenza di predatori intraspecifici, cioè della stessa specie (umana). Il punto essenziale però è che l’architettura separata dalla natura è in se evocativa della fobia che l’ha generata, solo una architettura (dell’anima) non separativa dalla natura evoca amicizia e relazione con “l’ambiente” spontaneo, ambiente  ineliminabile che è la natura, e questo deve avvenire su base conoscitiva- intellettiva e spirituale e non su base emotivo-fobica, che sono dimensione delle espressioni energetiche descritte in “f-psicoarchitettura appunti 1-22” in cui l’approccio materialistico antropo-centrico, dei manufatti architettonici, tenta inutilmente di risolvere la fobia della morte per causa naturale. Anche certa sanitarizzazione da fine ‘800 ad oggi, influisce sulla progettazione di manufatti architettonici con intenti separativi demonizzanti che alimentano una persistente “fobia di sottofondo ” la paura di morire di malattia, a causa di viventi in natura (microrganismi). La psicoterapia architettonica che vorrei proporre e sviluppare in paradigmi teorici parte da questo tipo di analisi.