F-Psicoarchitettura appunti

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f-psicoarchitettura appunti 7

Nella dimensione spirituale come si organizza l’energia.

La dimensione spirituale e’ caratterizzata dall’affettivita’ dall’etica e dall’estetica (buono, giusto, bello) , se nella dimensione materiale non sono necessari ne’ tempo ne’ spazio, e nella dimensione mentale e’ necessario a volte solo il tempo, nella dimensione spirituale a volte sono necessari sia il tempo che lo spazio, la dimensione affettiva necessita “dell’abitare” dello stare-possedere in un tempo per poter amare o non amare, quindi la variabile “movimento” nella dimensione spirituale si esprime a volte in tempo e spazio, noi quando percepiamo il tempo e lo spazio siamo nella dimensione spirituale non i quella materiale (1) e’ nella dimensione spirituale /affettiva che si svolge cio’ che a noi appare come concretezza, realta’, la filosofia positivista ha sovrapposto la dimensione materiale con quella spirituale e non ne ha riconosciuto la differenza, questo errore a tutt’oggi e’ presente in tutto il campo

della conoscenza occidentale che fa dell’empirismo un assoluto da cui partire. L’unita’ energetica nella dimensione spirituale necessita di due chiavi energetiche, una posta in coerenza con la relazione verso l’altro (altre soggettivita’ , vegetali, animali, persone) e una posta in coerenza verso l’inizio ( o Dio, assoluto , principio ontologico ….) Come nella dimensione mentale queste chiavi possono essere disattivate, quindi abbiamo un unita’ energetica con diverse stringhe o unita’ energetiche con una sola stringa, le unita’ energetiche costituiscono il soggetto energetico ( vegetale, animale non umano o animale umano) alle estremita’ di una delle stringhe costitutive l’unita’ energetiche abbiamo due chiavi energetiche, una in relazione con altre soggettivita’ e una in relazione con l’inizio, la chiave in relazione con altre soggettivita’ puo’ essere disattivata per esempio dall’odio, e la chiave in relazione con l’inizio puo’ essere disattivata dalla presunzione del soggetto di essere lui l’inizio di ogni cosa. Per esempio chi ha una convinzione esclusivamente biologista e casualista pensa che l’inizio sia nelle proprie cellule quindi disattiva la relazione con il trascendente e si sente per esempio qualcosa tipo ateo.

(1) La realta’ materiale e’ trasferita a quella ideica e spirituale solo tramite impulsi nervosi, neuroni che codificano una range limitato, possiamo misurare un tavolo, in cm, vediamo i centimetri e il tavolo e diciamo questa e’ la realta’ il tavolo misura su questo lato 100 cm, la dimensione materiale e’ fatta di fotoni, occhio -retina, nervo ottico, corteccia visiva, neuroni; la realta ideica dal concetto di misurazione, tavolo, concetto di realta’ e traduce in un tempo in cui il tavolo era un albero a un tempo in cui e’ diventato tavolo. La realta’ spirituale crea un legame “affettivo” fra l’esistere dell’albero in uno spazio e in un tempo e l’esistere del tavolo in un altro tempo, nella realta’ materiale il tavolo e’ sempre “cellule vegetali” in quella ideica un piano d’appoggio, solo nella realta’ spirituale abbiamo un organizzazione energetica di tipo geografico-spaziale.

f-psicoarchitettura appunti 6

nella dimensione mentale come si organizza l’energia

la dimensione materiale e’ percepibile e comunicabile attraverso i sensi e il sistema nervoso, e le sue leggi ( leggi biologiche, fisiche) non hanno bisogno della variabile tempo, cioe’ si possono svolgere in una organizzazione atemporale, la dimensione mentale ha invece bisogno di un linguaggio e si puo’ svolgere sia in una organizzazione temporale (storia) o atemporale ( astrazione razionale). A differenza della dimensione materiale, la dimensione mentale ha bisogno di collocarsi in insiemi coovibrazionali, ogni stringa ha un vertice orientato a una chiave energetica e l’altro alla soggettivita o identita’ di chi deteniene l’unita’ energetica, la chiave energetica permette l’orientamento a una coerenza con altre “quote ideiche” (per semplificare idee), o per cosi dire “verita”, la chiave energetica puo’ essere per cosi dire spenta o inattivata ( cause esterne x es sostanze chimiche o cause soggettive per es fuga difensiva ideica) e questo determina l’irriconoscibilita’ del contenuto mentale (delirio, confusione, caos ideico) , la corda vibrazionale continua a vibrare secondo le sue caratteristiche ma non e’ riconoscibile da altri contenuti ideici del soggetto o della realta’ mentale circostante. Solo la collocazione nel tempo reale, per esempio quando e’ avvenuto realmente il fatto,

puo’ permettere la riattivazione della chiave energetica inattiva, la variabile tempo non esiste nell’insieme dimensionale materiale, ma in quello mentale a volte diventa necessario perche’ la stringa vibrazionale sia ” formalmente riconosciuta ” da altri soggetti.

f-psicoarchitettura appunti 5

Nella dimensione materiale come si organizzano le unita’ energetiche

Abbiamo detto che una unita’ elementare e’ costituita da stringhe vibrazionali di cui almeno una con espressione energetica unica e specifica di una sola identita’ individuale tale variabile qualitativa stabile le permette di stabilire connessioni con tutte le altre unita’ energetiche nei tre insiemi dimensionali, le unita’ energetiche “collegate” perche’ in risonanza con la caratteristica qualitativa,

formano l’individuo; abbiamo anche detto che per individuo si intende qualsiasi forma vivente. Nella dimensione materiale le unita’ energetiche non sono per cosi’ dire vicine l’una all’altra, ma appaiono vicine , nel senso che la nostra mente le rappresenta come vicine anche se non lo sono. Lo spazio e il tempo in realta’ sono una rappresentazione della nostra mente del “movimento” in quanto la nostra mente non riesce a immaginare il movimento se non indirettamente tramite la cognizione di tempo e spazio. Per esempio se abbiamo una fila di lampadine che si accendono e spengono in sequenza noi non riusciamo a vedere l’alternanza delle luci e ci appare come se la luce seguisse un movimento lineare (luci natalizie) in termini analogici la stessa cosa appare con la percezione del nostro corpo fisico, esso ci appare come unito in una sola forma fisica ma in realta’ sono le caratteristiche vibrazionali delle nostre unita’ energetiche che ne determinano l’insieme corporeo, il nostro corpo puo’ agire sul mondo materiale , spingere una persona, l’effetto e’ la modifica temporanea della caratteristica vibrazionale di alcune stringhe nelle unita’ energetiche, la percezione e’ lo spostamento della massa in uno spazio, la percezione e’ per esempio anche la rappresentazione nell’insieme dimensionale mentale, cioe’ lo spostamento della massa e’ una illusione mentre la modifica vibrazionale e’ la realta’. Per esempio anche nel linguaggio i fonemi che formano per esempio la parola amore sono un illusione mentre il significato nelle varie lingue : love, amore, amour …. e’ cio’

che determina la variazione vibrazionale , la variazione vibrazionale e’ la realta’, il significato della parola e’ cio’ che modifica la realta’, a tal proposito sono esplicativi gli esperimenti di Emoto con l’acqua.

Le unita’ elementari energetiche sarebbero costituite da stringhe che vibrano e che hanno ai loro apici come delle antenne (radici che trasferiscono alla stringa delle informazioni, solo specifiche informazioni che quella unita’ energetica puo’ elaborare, unita’ che appartiene a un individuo) queste antenne possono variare la vibrazione in modo limitato, specifico per quella stringa, in termini di intensita’ e di movimento (range). Queste variazioni determinano il cambiamento della realta’ la quale viene appunto percepita variata dall’individuo nel suo complesso, l’individuo e’ costituito da un numero enorme di unita’ energetiche poste in modo non continuo nei 3 insiemi dimensionali che costituiscono il soggettivo e che probabilmente s’intersecano con l’universo l’energetico non soggettivo, interagendo con esso.

In definitiva fin ora la conoscenza ha scambiato per realta’ cio’ che invece e’ una ricostruzione formalizzata dell’individuo, cio’ che appare , come le luci di natale che sembrano susseguirsi invece semplicemente si accendono e spengono autonomamente, abbiamo bisogno di percepirlo cosi’ per poter intraprendere azioni, la realtà pero’ e’ diversa e’ senza tempo e senza spazio e senza continuita’ fisica, almeno probabilmente per il nostro corpo e’ cosi’. Questo differente modo di concepire ci permette di diminuire una serie di contraddizioni che spesso troviamo in campo scientifico in quanto molto spesso la certezza scientifica e’ una proiezione socialmente condivisa delle nostre paure, ma questo ci allontana dalla conoscenza piuttosto che favorirla.

 La progettazione di uno spazio condiziona tutti gli aspetti dimensionali non solo quello materiale ma anche quello mentale e spirituale e di questo ne dobbiamo essere consapevoli.

f-psicoarchitettura appunti 4

Ricapitolando abbiamo due UNIVERSI:

  • –  A) Soggettivo-identitario (caratterizzato da forme)
  • –  B) Non soggettivo con energia priva di “forma”.

    Nell’universo A) ci sono almeno tre DIMENSIONI o insiemi dimensionali:

    1. 1)  Materiale (concreto C)
    2. 2)  Mentale (ideico I)
    3. 3)  Spirituale (affettivo – etico S)

    Nelle dimensioni ci sono molteplici insiemi COSTITUTIVI della dimensione:

es 1) insieme BIOLOGICO e sottoinsieme: CELLULE = identità energetica soggettiva: DNA costituita da particelle elementari (Fig 1)

es 2) Dimensione mentale, insieme MEMORIA, sottoinsieme memoria biografica, identità energetica soggettiva: cluster costituita da particelle elementari con un radicale biologico (neuroni) ma con radice identitaria (l’ovale della fig 1) non biologico.

es3) Dimensione spirituale, insieme AMORE per biologicamente affini, sottoinsieme FIGLI , identità energetica soggettiva “affetto genitoriale” di cui una radice in comunicazione con l’individuo “figlio” , altre con le dimensioni soggettive nel mentale e materiale, ma l’ovale con possibilità di autonomia dalla dimensione materiale e mentale.

In definitiva dovremmo immaginare una organizzazione gerarchica in cui la dimensione materiale necessita di quella mentale e spirituale, la dimensione mentale necessita di quella spirituale e la dimensione spirituale può raggiungere una sua piena autonomia. (stesso concetto è esplicitato nel buddismo).

Per espressione energetica s’intende la qualità vibrazionale in termini di “intensità e movimento energetico” ovvero le due variabili dell’unità energetica elementare sono solo: “più/meno” = intensità. E movimento = collocazione che nella dimensione materiale da origine a spazio e tempo, in quella mentale a “forma ideica”(vero-falso) e in quella spirituale a scelta (autenticità-non autenticità).

Sintesi: l’unità elementare energetica si caratterizza, nell’universo soggettivo, in base a due sole variabili: intensità e movimento. La caratterizzazione definisce due aspetti: appartenenza alla dimensione/insieme/sottoinsieme, e espressione identitaria (Mario Rossi).

f-psicoarchitettura appunti 3

Espressione energetica dell’unità elementare.

L’identità è costituita da espressioni energetiche poste nei tre insiemi dimensionali. Chiamiamo “energeni” le particelle elementari che che costituiscono l’identità che va intesa nei suoi tre insiemi dimensionali : materia, mente, spirito. I tre insiemi dimensionali sono rappresentativi delle identità soggettive di vegetali, animali, e animali umani, ma i tre insiemi dimensionali non sono tutto l’esistente infatti dobbiamo immaginare insiemi dimensionali non soggettivi che potrebbero appartenere ai fenomeni studiati dalla fisica che non hanno caratteristiche “identitarie soggettive”. Ora soffermiamoci solo sugli insiemi dimensionali che danno caratteristiche identitarie. In questi insiemi dimensionali le unità elementari di energia hanno caratteristiche che permettono di entrare in risonanza solo con le altre unità elementari costituenti un soggetto, per esempio Mario Rossi è costituito di particelle elementari di energia che sono SPARSE nei tre insiemi dimensionali, queste particelle si riconoscono perché possono entrare in risonanza unicamente con le particelle elementari:”Mario Rossi”, la caratteristica vibrazionale delle particelle è costituita da una “radice energetica” soggettiva (Mario Rossi) e da altre radici energetiche che permettono una “risonanza comunicativa” con elementi energetici di altre individualità (vegetali, animali, umane) negli insiemi dimensionali soggettivi e non soggettivi.

 

Senza nome 9

Ogni freccetta è come una “radice”, l’ovale è la radice identificativa “Mario Rossi”, le altre freccette sono : espressioni energetiche non specifiche dell’identità Mario Rossi ma che possono entrare in risonanza con altri elementi identitari : Paola Bianchi, Luigi Rossi … e non identitari dei due universi : soggettivo e non soggettivo.

f-psicoarchitettura appunti 2

L’habit theory by Carla Foletto

premessa

Se il principio di costanza del vuoto cerca di ristabilire la completezza del vuoto costitutivo tramite tentativi ed entità costituendosi come perno tra energia ideica e motricità pulsionale quindi caratterizzando energeticamente la rappresentazione dagli affetti dal loro specifico destino e derivato da cui l’ide individuale che si differenzia per un numero ristretto di potenzialità e TENTATIVI (Silvio Fanti ’89) ; il “portare a sè” così presente in tutte le azioni, rappresentazioni mentali, simbolizzazioni può essere interpretato anche come “tentativi” di ristabilire equilibrio e completezza. Possiamo soffermarci su alcuni termini  come : abito, abitare, abitudine , parole che in qualche modo delineano l’identità di una persona per renderci conto di quanto il linguaggio veicoli la complessa natura dell’esistere, del chi esiste, del dove quando o “senza dove e senza quando.

L’affinità fra identità e ide individuale dovrebbe essere il più alta possibile in quanto la “rappresentazione di sè” non può essere altro da ciò a cui la persona è costitutivamente destinata in termini energetici e in termini “sub-atomici”

 

L’HABIT THEORY sintesi

Ipotizziamo tre insiemi astratti di espressione energetica per ciascun individuo  un insieme “materiale” un insieme “mentale” un insieme “spirituale”, ipotizziamo che ogni individuo ha un limite quantitativo di espressione energetica (che non può andare al di sotto di x e non può andare al di sopra di y) e in ognuna delle aree vi sono due direzioni astratte per così dire di costruttività o distruttività che l’individuo può scegliere (volizione) in queste aree vi sono le espressioni energetiche di altri individui e queste espressioni energetiche possono comunicare solo all’interno dell’area qualitativamente corrispondente come se si trattasse di vibrazioni (per esempio una corda di chitarra vibra in la e tutte le note  la vibrano) in un numero infinito di possibilità.

Quindi ogni identità è costituita di parte dei tre insiemi astratti quindi ABITA diverse dimensioni che si trovano nei tre insiemi.

L’area materiale per esempio può andare nella direzione “crescita armonica” per esempio dal momento del concepimento in poi o decrescita fino all’arresto, ovvero morte.

L’area mentale per esempio può andare verso il vero o verso il falso e l’area spirituale si svolge maggiormente sul piano delle emozioni e dei sentimenti, positivi e negativi (amore-odio, fiducia-paura, ecc)

Nel momento della morte biologica l’espressione energetica materiale dell’individuo si trasferisce come energia nelle dimensioni degli altri due insiemi, mentale, spirituale e successivamente potrebbe ritornare o non ritornare ad abitare nell’area materiale (reincarnazione).

Si può ipotizzare che si trasferisca tutta l’energia nell’insieme dimensionale spirituale ma l’energia individuale non può abitare solo l’insieme materiale o solo l’insieme mentale, può abitare l’insieme materiale-mentale-spirituale o mentale – spirituale o solo spirituale. Ma questo “abitare energetico-vibrazionale” potrebbe comprendere molte dimensioni e le categorie: “mentale” “spirituale” “fisico” non possono che essere una semplificazione di queste  dimensioni. La vera natura dell’esistente potrebbe essere costituita di dimensioni che si “fondono” e poi si separano in 11 o 12 o 25 ciò che razionalmente potremmo concepire.

f-psicoarchitettura appunti 1

L’abitare

 

  1. a) la persona e la sua casa

L’abitare e la struttura di personalità

Talvolta partire dal significato etimologico di un termine aiuta ad approssimarsi verso un significato complesso quanto profondo quale, il valore dello spazio privato per una persona, che è anche rappresentazione mentale di questo spazio.
Habere in latino significa stare, possedere e da questo verbo deriva habitum, che indica l’aspetto esteriore la qualità la caratteristica.
“Abito” come anche “abitare” e “abitudine” indicano tre termini indicano, è l’espressione visibile di una parte della nostra personalità.
La personalità di ognuno non è qualcosa di stabile e immutabile, può variare nel corso della vita ma questa variazione necessita di tempi e modi che il soggetto stesso sceglie, se non c’è adesione da parte del soggetto la modifica di un comportamento o di un tratto di personalità può essere percepita come egodistonica o tradursi semplicemente in una forma di compiacenza provvisoria.
Il proprio sé risiede anche nelle nostre abitudini e il nostro abitare uno spazio è uno stare “seduti” uno stabilirsi su riferimenti costanti come la nostra personalità si “stabilisce” su tratti costanti, fra l’abitare e l’espressione della personalità c’è un indubbia relazione.
Da ciò si deduce quanto i conflitti abitativi possano produrre seri problemi psicologici in quanto mettono in crisi elementi che favoriscono il costituirsi, durante il percorso di vita di ognuno, della struttura di personalità.

Il bisogno di sicurezza e la compromissione dei bisogni di base

Gli psicologi umanisti ritengono che la soddisfazione dei bisogni primari fra cui quelli fisiologici e quelli di sicurezza siano condizione necessaria e indispensabile per poter procedere alla soddisfazione dei bisogni secondari tra cui quelli affettivi e di autorealizzazione.
Da ciò si evince che la compromissione del bisogno di sicurezza blocca la soddisfazione del bisogno d’amore, stima, conoscenza ecc. cioè quelli più elevati.
Sarebbe come dire che senza cibo, letto e tetto passerebbe a chiunque la voglia di amare, lavorare, conoscere e così via.
Benchè gli psicologi umanisti non rappresentino tutte le teorie psicologiche è facile intuire che c’è del vero in ciò che dicono infatti dove esistono popolazioni di cultura nomade (in questo caso non c’è il tetto) essi si muovono in gruppi piuttosto numerosi e pertanto il bisogno di sicurezza non viene compromesso.
In una cultura individualistica come la nostra, una seppur minima minaccia e compromissione del bisogno di sicurezza viene vissuta come minaccia all’integrità psico-fisica e pertanto assume un valore elevato d’intensità soggettivamente percepita di stress.
Da ciò si deduce che le cosidette “liti condominiali” che talvolta potrebbero apparire come eccessive e paradossali hanno ragioni ben più valide di quanto, da non coinvolti, possano sembrare.

  1. b) Ia persona e i suoi vicini di casa

Gli effetti fisiologici e psicologici della provocazione sistematica e continuativa

Ognuno ha un suo sistema percettivo-sensoriale: benchè la percezione di uno stimolo visivo, uditivo, tattile, olfattivo, gustativo sia pressochè uguale per tutti, l’attenzione, l’elaborazione, la rappresentazione, la memorizzazione di ciò varia da soggetto a soggetto.
Ognuno di noi è persistentemente immerso in una quantità infinita di stimoli, poiché il nostro sistema nervoso non li può elaborare tutti tendiamo a preferire un canale piuttosto che un altro, esempio quello uditivo o quello visivo, pertanto potremmo prestare attenzione a un numero maggiore di stimoli visivi piuttosto che uditivi, il che non significa che percepiamo solo stimoli visivi ma semplicemente che nel dare più importanza a questi utilizziamo di preferenza questo canale ma anche gli altri sistemi sensoriali sono attivi.
Se uno stimolo visivo è fastidioso, ad esempio luce intermittente, lo possiamo evitare girando semplicemente la testa, ciò è meno fattibile con gli stimoli uditivi poiché per evitare uno stimolo uditivo fastidioso, per esempio il suono di un allarme, dobbiamo evitare tutti gli stimoli uditivi,tappandoci le orecchie, fra cui magari anche il suono della sveglia che ci permette di arrivare al lavoro in orario.
Procedendo con lo stesso esempio se l’allarme suona tutte le mattine alle cinque all’apertura della saracinesca di un bar perché il proprietario del bar si dimentica di disattivarlo le cause della reazione che danno luogo a frustrazione potrebbero essere:
a)è un suono molto alto
b)è un suono che provoca allerta
c)avviene nella parte terminale delle fasi del sonno
d)non può essere evitato perché non prevedibile
e)non può essere eluso perché comporterebbe l’elusione di altri suoni che sono necessari
e l’elenco si potrebbe allungare ma poco importa perché anche una sola delle cause genera frustrazione e quindi aumento dell’aggressività che può essere repressa oppure messa in atto.

In tal caso non si tratta di provocazione in quanto il disturbo proviene da un atto o mancanza involontaria, per esempio poniamo il caso che si tratti di un barista anziano, bevitore e un po’ perso… se non abbiamo un atteggiamento di accusa la frustrazione è meno intensa, ma attenzione è proprio per dimiuire l’intensità della frustrazione che spesso siamo portati a sottostimare la volontà di un’azione disturbante.
In realtà in molta bonarietà è insito un vantaggio secondario, ci si arrabbia meno e ci si sente meglio, anche se ciò comporta una “quiescenza giustificatoria” che potrebbe condurre a vera e propria provocazione per il solo gusto di agirla, da parte del disturbatore.
In altre parole un atteggiamento di eccessiva bonarietà può trasformare un’inavvertito disturbatore in provocatore “di professione”
Senza per ora dilungarsi su alcune caratteristiche di taluni soggetti in merito a tratti di personalità oppositivi o antisociali e sui motivi di ciò, è utile comprendere come in questi casi sia importante essere “definitori” e chiari nei confronti del disturbatore onde evitare che diventi un provocatore di cui è difficile liberarsi.
L’occasionale disturbatore, e non sappiamo se è un potenziale provocatore, non dovrebbe cogliere alcun soggettivismo nelle vostre rimostranze, non deve pensare di esservi in qualche modo antipatico, anche se ciò sarebbe una legittima conseguenza del suo comportamento, la sospensione del giudizio nei suoi confronti è d’obbligo.
La rimostranza dovrebbe avere carattere di oggettività e neutralità, e nelle fasi iniziali non dovrebbero essereci intermediari; la gestione di questi momenti è molto importante in quanto ha il potere di risolvere sul nascere il conflitto.
Se il disturbatore diventa un provocatore, inizia a mettere in atto una strategia più o meno premeditata, diciamo che un po’ stressa perché se ne dimentica e un po’ perché lo fa appositamente.
Dopo un po’ di tempo si può parlare di vera e propria provocazione continua e sistematica, le caratteristiche di questo tipo di provocazione sono:
a – le provocazioni sono mirate alle caratteristiche della vittima ovvero se ad esempio è una persona con prevalente utilizzo del canale uditivo le azioni di disturbo saranno in prevalenza rumori, oppure se è una persona che ama l’ordine e la pulizia vi saranno spesso “casuali” macchie di ogni genere per le scale, se il soggetto tende ad addormentarsi presto la sera la televisione ad altissimo volume fino notte inoltrata del vicino provocatore diventerà una consuetudine ecc
b – la maggior parte imprevvedibili
c – possibilmente inevitabili
d – protratte nel tempo
e – continuative
Il provocatore nell’attuare questa strategia si sente piacevolmente invincibile e inpunibile, è come se godesse di una rivincita sulle figure genitoriali o educative, di solito questo tipo di persone non hanno avuto l’abilità di comprendere il senso e il significato dei limiti educativi; inoltre il bisogno di autoaffermazione/onnipotenza infantile è prevalso sullo sviluppo della posizione di fiducia inibendo la capacità del soggetto di riconoscere l’altro come differente, con cui relazionarsi sulla base di modalità condivise.
La vittima nel fare esperienza di persecuzione inizia ad assumere atteggiamenti ostili generalizzati prima sulle figure affettivamente più vicine poi sempre di più su tutti.
L’imprevvedibilità delle azioni disturbanti eleva l’attivazione psico-fisiologica in uno stato di allerta persistente simile a quella di un militare americano nel Vietnam dove l’imprevvedibilità era una vera e propria tattica militare, un po’ meno intensa , se non vi sono state minacce, in quanto non è presente il timore di perdere la vita.
L’inevitabilità genera spesso un’intensificarsi della frustrazione e la conseguente e più diffusa reazione di repressione dell’aggressività può produrre sintomi psicosomatici fino ad arrivare a un sempre più profondo senso di inefficenza e incapacità date dal fatto che le azioni di disturbo diventano continuative e protratte nel tempo, ottime fondamenta per una sindrome depressiva grave.
Un soggetto con disturbo di personalità sadico-ossessivo e la sua capacità di destabilizzare qualsiasi sistema

Alcuni colleghi mi perdoneranno questo abbinamento in un unico disturbo di personalità di due disturbi di personalità di cui uno, quello sadico, non in elenco nel famosissimo Manuale Diagnostico Statistico dei Disturbi Mentali.
Infatti è dagli anni novanta che il disturbo sadico, di personalità viene dai professionisti del “psiche” praticamente ignorato, per esempio il disturbo masochista lo si può trovare un po’ nel “disturbo dipendente di personalità” ma il sadico pare sia proprio scomparso dalla manualistica, per quale ragione?
Forse che il sadismo rientra nella normalità? O forse che vi è un sadismo sublimato fra gli psichiatri e poiché loro stessi hanno codificato questi disturbi non potevano certo mettersi fra i disturbati.
In ogni caso a mio parere il sadismo è un disturbo di personalità che inizialmente può essere percepito non come egodistonico, ma anche il “maniacale” sostiene di sentirsi benissimo, se proprio non lo si vuole inserire nei disturbi di personalità potremmo almeno parlare di sadismo patologico come si parla di gioco d’azzardo patologico.
Poiché non è questo lo spazio adatto per disquisire sulle categorie diagnostiche datemi per buona questa categoria di “disturbo sadico-ossessivo” ben approfondita dalla scuola analitica ora pare gettata “assieme all’acqua sporca”.
Il sadico-ossessivo si trova sempre quando si studiano situazioni di mobbing, il sadico trova immenso a piacere nel distruggere qualcosa di valore per una persona indipendentemente che questa persona sia o no affettivamente significativa per il sadico, il piacere principale è nel creare dolore a qualcuno; il sadico-ossessivo ha un doppio piacere quello del dolore inferto e quello della posticipazione in crescendo del proprio piacere, cioè crea tanti piccoli dolori alla vittima prescelta ma si sente ancora più potente nel controllare questo proprio piacere al fine di averne uno finale molto intenso ovvero la distruzione definitiva della vittima ad opera della vittima stessa, è quasi come un “coito” tutto mentale fantasticato come delirio d’onnipotenza che sfugge completamente al controllo del super-io poiché la vittima viene portata al punto di dover decidere se continuare a soffrire oppure suicidarsi, l’azione finale è della vittima e per il sadico-ossessivo non sarà difficile autoingannarsi riguardo la propria innocenza dal momento che anche per il contesto ciò è di difficile valutazione come per l’appunto nel mobbing.

Infatti il mobber, cioè colui che agisce il mobbing, utilizza una strategia fatta di piccole azioni che prese isolatamente sembrano innoque, in un condominio il mobber sceglierà una o più vittime e agendo in modo sistematico e continuativo le porterà all’esasperazione, ovviamente le vittime scelte non avranno alcun rapporto fra di loro e visto dai non coinvolti il mobber sembrerà al massimo un po’ strano ma decisamente innocuo; infatti il mobber di solito si atteggia a sempliciotto un po’ distratto, sa depistare chiunque con molta facilità e al massimo dopo molti anni, se messo alle strette simula qualche dissociazione e all’eventuale giudice non resta che affermare l’incapacità d’intendere e volere al momento del fatto, poi il sadico-ossessivo continua con la sua preferita attività far soffrire qualcuno senza che nessuno se ne accorga.
A mio parere di tali personalità patologiche se ne trovano in numero sempre maggiore, sanno mimetizzarsi molto bene ma basta prestare attenzione al contesto in cui vivono per rendersi conto dell’eccessiva tensione che caratterizza quel contesto, cioè possiamo più facilmente riconoscere un ambiente in cui opera un sadico ossessivo piuttosto che il sadico ossessivo stesso.
Le persone che vivono in una situazione in cui opera un sadico ossessivo è come se vivessero un po’ sospese, ostentano un’esagerata calma e si atteggiano come se mai fosse andato così bene, le conversazioni di carattere critico sono praticamente inesistenti ma soprattutto si nota una quasi totale assenza di humor.
Infatti potremmo definire il sadico ossessivo una specie di leader occulto, autoritario e pertanto così infantile da essere incapace esso stesso di humor ma anche molto abile nell’inibirlo nell’altro, infatti potremmo ritenere che l’humor è per il sadico ossessivo un “nemico” temibile in quanto svela ciò che è mascherato.
Carla Foletto
Pubblicato su http//it.wikiversity.org il 19/08/2007 (attualmente risulta cancellato)

Pubblicato il 13 settembre 2012 su blog da Carla Foletto