Psicologi fra libertà e rigore scientifico una prima sintesi storica.

Fra la fine dell’ottocento e i primi del novecento, si delinea in Europa una disciplina scientifica: la psicologia, un’alternativa scientifica non medica, all’approccio religioso che si occupa della realtà immateriale della coscienza.

In Italia con l’avvento del fascismo, le cattedre di psicologia nelle varie facoltà universitarie vennero eliminate a favore di un orientamento pedagogista-comportamentista. La psicologia in Italia, continuò a esistere in modo “clandestino”; per poi riemerge frammentata nei vari corsi di studi universitari, solo nel 1971 vengono istituiti i primi due corsi di Laurea in psicologia a Padova e a Roma. Nelle altre città italiane l’insufficiente offerta formativa in altri atenei continuerà ad essere rimpiazzata da diverse materie di studio di pertinenza psicologica all’interno di altri corsi di laurea (es: filosofia). Negli anni ’80 i vari psicologi sentirono la necessità di professionalizzare il lavoro dello psicologo proprio per evitare le varie “psicologie del senso comune” più o meno fantasiose dal punto di vista psicologico, inteso in modo più rigoroso.

Nel 1989 venne ottenuta l’istituzione dell’Ordine degli psicologi, e gli psicologi si diedero un ordinamento della professione rigoroso e scientifico, ciononostante in parallelo a tutt’oggi continua ad esistere una realtà meno seria “lo psicologo fai da te” della psicologia del senso comune, che snobba la pretesa degli psicologi di dare alla psicologia una struttura culturale e professionale scientificamente autorevole, di rendere l’universo “psi” una questione di salute e non di “salvezza dell’anima” basata sulla fede, di considerare la realtà “psi” come una realtà immateriale, il cui approccio debba però essere scientifico, di considerare l’oggetto di studio psi secondo un ottica di massimo rispetto (ogni soggetto è differente dall’altro) non tanto per motivi moralistici ma per motivi scientifici, concetto basato sul principio di indeterminazione di Heisenberg. Questo significa che ogni strategia relazionale di tipo manipolativo viene messa al bando dagli psicologi come “modalità non psicologica” ma pertinente alle relazioni umane, talvolta con rischi “patologizzanti”.

Il codice deontologico degli psicologi afferma in vari punti l’obbligo del rispetto delle idee, orientamenti sessuali, segretezza delle informazioni ricevute, e questo in molti articoli.

Tale tutela della differenziazione individuale precisata dal codice deontologico degli psicologi, ha non solo motivi di correttezza professionale , ma poggia soprattutto sull’evidenza che la salute psichica di un soggetto si fonda principalmente sul rispetto e la scoperta della sua vera e autentica natura identitaria.

Questo si evince anche dalla natura psicopatologica di molti disturbi psichici: scissione dell’io, dissociazione, derealizzazione, reattività emotiva eccessiva, tutti disturbi alla cui origine c’è il mancato rispetto da parte del contesto, della natura identitaria della persona, sia che questo avvenga attraverso modalità manipolative sia a causa di traumi psico-emotivi di natura improvvisa o continuativa.

Questo non significa che il rispetto dell’identità di una persona debba considerarsi una sorta di “demoralizzazione” , la coscienza etica , è ritenuta in psicologia una parte della realtà psichica.